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      Se tutti gli uomini fossero savi e prudenti, di queste grandi commozioni non ve ne sarebbero. Ma sono savi? Possono esserlo? Quindi avvien che gl'iddii fomentano gli errori e le passioni e le spingono agli estremi, onde l'estremo de' mali produca il ritorno de' beni...
      - Ove mi trasporti mai, Ocilo? - ripresi io allora. - E quanti dubbi fai sorger nell'animo mio? I tuoi detti sono simili ai denti di Cadmo, da' quali nascevano uomini armati che si distruggevano a vicenda: tu semini le tue idee e ne nascono altre idee belligeranti, che si battono, si distruggono a vicenda. Non pace alla mente ma guerra reca, o Ocilo, il tuo discorso. Quante cose vorrei dimandarti! Nell'epoca della guerra di Troia credi tu dunque gl'italiani piú civili de' greci?
      - Voi in quell'epoca non ancora avevate nome di greci(622) - mi rispose egli. - La Grecia non avea né nome né civiltá, ed era Grecia quella che oggi chiamasi Italia(623). In Italia vivevano que' magnanimi cauconi, tra' quali si compiaceva dimorar Minerva, padroni allora di tutte le terre che si stendono intorno al Sibari ed al Crati(624); in Italia era quella Temese, cittá ricca pel suo rame(625); in Italia e non in Tracia quell'Ismara, sacra cittá che Ulisse prese e saccheggiò, e dove quel buon sacerdote di Apollo gli fece dono di sette talenti d'oro e di una bellissima tazza di argento e di quelle otri di vino soavissimo, dolce, incorrotto, degno degl'iddii, e che di tanta salute furono ad Ulisse contro il furore di Polifemo(626). A que' tempi tu non trovi per certo di lá del Ionio tanta ricchezza e tanta civiltá. E che diresti tu se io ti narrassi le storie piú antiche e ti dimostrassi esser tutti di origine italiana quegli eroi vostri, i nomi de' quali suonan con tanta gloria nelli canti di Troia, e quel Nestore che tante etá avea vissuto, e quell'Ulisse a cui Minerva istessa avea insegnata la prudenza?


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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