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      Vedi i popoli spesso afflitti da' loro vizi; e, se i mali che soffrono non bastano ad emendarli, li vedi talora precipitati nell'ultima rovina, quasi per rigenerarli, poiché si è tentato inutilmente di emendarli. Vedi le inondazioni di que' popoli che la natura confina nelle estremitá della terra, quasi in riserba per le sue grandissime e non ordinarie operazioni. Pare che gl'iddii abbian formati gli animi degli uomini simili al cielo che abitano, alla terra che coltivano. Nelle regioni temperate trovi numero maggiore di affetti e d'idee; quindi maggiori mezzi di civiltá per lo stesso numero delle passioni che si temperano a vicenda, maggior moderazione di ragione; piú arti, piú industria, viver piú libero, piú lieto e piú beato. Vedendo un tal popolo, ti par di vedere una delle belle campagne di Grecia, di Sicilia o d'Italia ne' bei giorni di primavera, quando la natura par che vi abbia raccolte tutte le sue infinite varietá: la neve, la pioggia, la nebbia, il vento, il calore, la luce, tutto vi si alterna a vicenda, in modo che di ogni cosa vi sia tanto che basti a dilettare e non mai tanto che possa offendere. Sotto i climi estremi, di tante cose tu non ritrovi che una sola, o la neve o il fuoco, ma l'uno e l'altro estremi. Tali sono gli animi de' loro abitanti: non hanno che poche passioni, ma sono irresistibili: ben ti avvedi che san fatte piú per distruggere che per vivere. E di fatti questi popoli paion creati dalla natura per rimanersene nell'oscuritá e come in agguato nelle inospite loro tane, aspettando il momento in cui possano dare addosso ai popoli de' climi temperati, se mai per soverchia corruzione abbiano rotti tutti gli ordini e perduta ogni virtú. Ed allora rimenano que' miseri tempi che nella storia del genere umano sogliam chiamare di barbarie, ma che sono realmente periodi di fanciullezza o di riposo, indispensabili in ogni essere che vive vita non illimitata, preceduti sempre o dalla non esistenza o dalla stanchezza, e sempre destinati a creare o a ristorare le forze perdute.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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