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      Tu intanto parte di queste cose, che hai apprese, custodirai nel tuo segreto. Non è sempre prudente rivelare al volgo le veritá delle origini de' popoli, perché esse sono troppo strettamente legate colla religione. Ma i saggi non le debbono ignorare, onde, a tempo ed a luogo opportuno, sappiano difendersi da quella boria, dalla quale i popoli, quanto piú sono fanciulli, tanto maggiormente sono afflitti, e per la quale, credendo se stessi piú antichi e piú sapienti di tutti, sdegnano gli altri e non s'inducono mai ad apprendere ed imitare ciò che essi possono aver di buono. Imperciocché né noi mai imitiamo coloro che disprezziamo, né senza imitar molte cose buone dagli altri noi possiamo mai divenir perfetti. E questa è la virtú che principalmente manca ai greci, gente che non conosce misura nel lodar se stessa(672). Gl'italiani al contrario sono naturalmente piú giusti, né sdegnano imitar lo straniero, se mai in esso trovan qualche cosa degna d'imitazione(673).
      E siccome la moderata e ragionevole stima di se stesso è il solo e vero principio di ogni nazionale energia, cosí io predico che da questa moderata stima, che sta nel mezzo, greci e gl'italiani si allontaneranno egualmente, ma correndo a due estremi opposti: gl'italiani, disprezzando soverchiamente loro stessi; i greci, loro stessi smodatamente lodando. Vedrai in Atene, quando la gloria de' Milziadi, degli Aristidi, dei Temistocli sará come la memoria di un bel giorno di primavera tra gli orrori dell'inverno, sorgere, invece di eroi, una nuvola di retori, i quali, quanto minore sará la gloria presente, tanto piú esalteranno la passata, e confuteranno e me e Socrate e te ed Aristotile e qualunque altro avrá detto qualche cosa in lode degl'italiani o degli egizi.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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