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      Non potrá mai ristabilire la virtú nella cittá chi prima non l'ha in se stesso; né vi è virtú pubblica ove non vi è virtú privata. Se tutti fossero convinti di questa veritá, forse i giovani ateniesi sarebbero meno di quello che sono desiderosi di comandi, e piú che non sono rispettosi delle leggi e de' magistrati. Sai che non amo quella cavillosa gioventú, la quale, educata da Prodico e da Gorgia, crede saper tutto sol perché sa censurar tutto, e crede poter censurar tutto sol perché si crede dispensata dall'esaminar nulla. Che vuoi fare quando i maestri della gioventú insegnano che il discorso non debba aver per fine il vero, e vendono lezioni di un'arte di persuadere, cioè di governare (ché non altro che persuadere è il governare), senza saper le cose che si voglion persuadere?(675). Ma tu rammenta che, prima di parlar delle leggi, convien conoscerle, e che non si posson conoscere se non si rispettano.
      Prima di abbandonar l'Italia, tu vedrai Velia. Questa colonia degli antichi focensi langue anche essa al pari delle altre cittá italiane: giá fazioni crudeli la lacerano; la scuola dell'antica sapienza è corrotta, ed ai discepoli di Zenofane sono succeduti gli amici di Gorgia(676). Tu paragona la presente corruttela de' costumi coll'antiche virtú, la miseria presente colla prosperitá antica, i sofismi de' giovani colla generosa sapienza de' vecchi; e vedi tu stesso qual sia il poter delle scienze sui costumi e de' costumi sulla pubblica prosperitá. Spargi anche per me qualche fiore sulla tomba che chiude le ceneri di Zenone e del suo gran maestro Parmenide, de' quali quegli è morto per la patria, questi l'avea ordinata con ottime leggi.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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