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      Quindi è che l'uno e l'altro tratto tratto si oppongono alla vanitá greca; tratto tratto rimproverano ai greci l'ignoranza delle cose straniere ed emendano gli errori ne' quali viveano sulle medesime; ed a vicenda sono tratto tratto derisi dagli scrittori posteriori per la bella passione onde eran presi per l'Italia e per l'Egitto.
      Tutto ciò dunque che nella storia greca, e specialmente nella storia della filosofia, è anteriore a Tucidide, Platone ed Aristotele, tutto è dubbio, incertezza, oscuritá. Questi sui pittagorici non ci han tramandate se non pochissime notizie. Il dippiú devesi raccogliere da scrittori non solamente posteriori ma vissuti in epoca nella quale erasi estinta ed interrotta quella tradizione che sola può conservare la fede della storia e render vicini li secoli piú lontani. Imperciocché (io ripeto quello che giá di sopra ho accennato) non è tanto la lunghezza de' tempi che rende la storia degli avvenimenti incerta ed oscura, quanto la barbarie e l'ignoranza de' secoli che sono di mezzo tra l'avvenimento e lo scrittore, per la quale si distruggono i monumenti e s'indebolisce quella memoria di cose, la quale è nell'individuo il fondamento della sua identitá e può dirsi esser nella specie la vera coscienza del genere umano. Quando questa si estingue, i fatti e gli avvenimenti, che precedono tale estinzione, diventano come se appartenessero ad altri uomini e ad altro mondo. Quindi è, per esempio, che piú facile molte volte ci riesce determinar l'epoca e le circostanze di un fatto dell'antica storia romana che di un altro de' mezzi tempi.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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