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      Polibio ci parla di una cospirazione quasi generale, in cui i collegi de' pittagorici furono tutti incendiati. Di altra persecuzione contro i medesimi ci parla anche . . . . . . .(681); persecuzione che alcuni credono esser la stessa di quella narrataci da Polibio, ma che io in altro luogo dimostrerò essere stata diversa. Venne l'ultima suscitata o almen fomentata da Dionisio, e fu la piú fatale. Allora vivevano Archita, Filolao; la scuola brillava di uno splendore vivissimo, simile ad una bella face vicina ad estinguersi.
      I pittagorici professavano, nella politica interna delle cittá, principi tendenti all'aristocrazia e non lontani dalla monarchia; nell'esterna, la riunione la piú stretta delle cittá italiane tra loro. Con questi due princípi era facile prevedere che essi doveano essere in odio a tutti coloro che tentavano novitá popolari, in odio a Dionisio, che, volendo dominar l'Italia, voleva e tentava seminarvi discordie e divisioni. Né Dionisio, da accorto politico quale egli era, trascurava di fomentar ne' popoli idee esageratamente democratiche, come quelle che tendevano patentemente ad indebolire le cittá nell'interno e dividerle nell'esterno. Egli ne avea giá fatto felice esperimento in Siracusa, di cui non per altre arti avea occupata la signoria. Quindi troviamo, nell'epoca della quale parliamo, nominarsi e figurar da popolo indipendente i bruzi, fino a quel tempo riputati pastori e servi de' lucani; nomi che dagli scrittori posteriori si sono presi alla lettera, senza avvertire di esser impossibile in natura che un vastissimo tratto di terra, quale è la Bruzia, fosse tutta abitata da pastori e da servi, i quali venivano ad esser e piú numerosi e piú ricchi degli stessi loro padroni; nomi, in conseguenza, che non debbono indicar altro che uno stato politico incompleto ed un'unione coi lucani ineguale.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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