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      La libertá politica proteggeva le sètte; gli ordini pubblici, per lo piú popolari, le fomentavano. Ma, quando ed i filosofi, da una parte, ebbero esaurita in dispute oziose tutta l'energia della loro mente e prostituito tutto il decoro della propria vita, e la Grecia, dall'altra, ebbe perduta la sua libertá e dal sommo della gloria si vide precipitata in un abisso di mali, di tante sètte prevalsero due e rimasero quasi sole padrone del campo di battaglia: lo stoicismo e l'epicureismo, sètte diverse tra loro e nemiche, ma ambedue quali i tempi le desideravano: lo stoicismo tentando in tempi difficilissimi di vincer le cose, l'epicureismo tentando di adattarvisi; ma ambedue atte a riparare per diversi modi agli stessi mali; ambedue intente a rialzar l'onore della filosofia, restringendo tutti i suoi studi a quello che piú importava all'uomo di sapere, e l'onor de' filosofi, uno liberandolo dalla taccia di viltá e di mercimonio, l'altro da quella di alterigia e d'insolenza. Ma ambedue queste sètte erano poco atte a conservar con esattezza le dottrine pittagoriche. Ambedue aveano un disprezzo altissimo per tutto ciò che non era né stoico né epicureo. Ambedue calunniavano tutti gli altri uomini e tutte le altre dottrine. A chi seguiva la setta stoica non rimaneva tempo per leggere i libri di altri filosofi: il solo Crisippo ne avea scritti novecento. A chi entrava nella setta epicurea non rimaneva piú voglia. E l'una e l'altra setta distruggevano ogni criterio di vero, riponendolo gli stoici in un senso interno, che essi soli intendevano; gli epicurei ne' sensi esterni, il giudizio de' quali era molto ristretto, e tutto ciò, che trovavasi oltre i limiti di tale giudizio, dicevano poter essere e non essere, cioè non esser soggetto né di discussione né di filosofia.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





Grecia Crisippo