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      [Qui il Cuoco congettura diffusamente qual significato plausibile si possa dare al motto attribuito a Teofrasto; quale ancora alle leggi attribuite a Caronda(691); indi continua:]La storia antica della filosofia e della legislazione (la quale in fondo rassomiglia molto alla filosofia) è piena ancora di maggior numero di errori che non si crede, perché non si è avvertito abbastanza a quello che [gli antichi] dicevano, e non si è distinto il motto dal dogma e dalla legge.
      Plinio, per esempio, narra la storia del platano, e dice che questo bell'albero è stato trasportato dalla Sicilia in Italia, e che gl'italiani ne han fatto un dono alle provincie, e specialmente alle Gallie, "le quali oggi pagano un tributo anche per l'ombra". Era facile veder nelle parole di Plinio un tratto di spirito. Ma si è creduto che avesse detta una veritá, e si è stabilito anche da uomini dottissimi che le provincie romane "pagavan tributo anche per l'ombra".
      Di rado noi riflettiamo che gli antichi adopravano al pari di noi l'ironia, la satira, la...; e crediamo che parlino sempre didascalicamente. E, quando si desse a molte parole il giusto loro valore, si troverebbe che esse non indicano nulla, e spesso cogli stessi testi finora citati si dimostrerebbe il contrario di quello che si è creduto dimostrare.
      Seneca il retore e Seneca il filosofo, che era piú retore, Svetonio, Valerio Massimo e qualche poeta chiamano il padre "giudice", "censore", "padrone de' figli". Dunque, si conclude, i padri in Roma avean diritto di uccidere i figli.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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