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      Lo stesso è avvenuto nell'epoca di Talete. Egli vivea in un secolo d'ignoranza, ed il suo sapere dovea esser venuto da altro popolo.
      Meiners non sa comprendere da qual popolo avesse potuto apprenderlo. Nemmen io lo so, ma non perciò crederò a ciò che è naturalmente inverosimile. Quando la tradizione è incerta e tra popoli ignoranti, allora appunto avviene che ciascuna cosa si crede nata nel paese proprio. Abbiam visto questo esser avvenuto anche in etá piú colta, nella stessa etá di Platone. Qual meraviglia che sia avvenuto anche nell'etá di Talete?
      Aristotele e Platone parlan della filosofia di Talete come di quella di Omero e di Esiodo. Imperciocché ogni popolo ha una sua prima antichissima filosofia, la quale Vico chiama "poetica". Essa è parte integrante della lingua o, per meglio dire, non è altro che la medesima lingua. Si confondono le cose colle sensazioni, le sensazioni colle parole, e le parole, in conseguenza, contengono tutta la ragione delle cose. Col tempo non si può far a meno di questa prima filosofia, perché non si può non far uso della lingua, e voi ne riconoscete le vestigia per molti secoli, finché le cure de' sapienti abbiano interamente tolta ogni confusione e separate interamente le parole dalle idee, le idee dalle cose; il che forma lo scopo unico di tutti i progressi, di tutte le ricerche della filosofia, e che rare volte si ottiene.
      Or tutta la metafisica di Talete non è altro che la stessa metafisica de' poeti, non è che poesia, e questa poesia non è che la stessa lingua.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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