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      Fatto molto piú notevole è che, scorsi appena quattro anni dalla comparsa del terzo volume del Platone, veniva giá fuori, per opera di Giuseppe Micali, precisamente quella storia de L'Italia avanti il dominio dei romani(785), intorno a cui s'era tanto torturato il Cuoco, senza mai riuscire a scriverla. Certamente, nella recensione che egli ne pubblicò nel Monitore delle Due Sicilie(786), si scorge subito la sua delusione nel non veder tenuto alcun conto delle ipotesi, tanto a lui care, sulla geologia ed etnografia dell'Italia, sulla legislazione delle cittá della Magna Grecia e sopra tutto sul pitagorismo. Ma quanto poi da altre parti di quella recensione non appare la compiacenza di chi si ritrovi innanzi, piú chiare e meglio agguerrite, altre idee a lui non men predilette! E invero, quando il Micali, pur con quella cautela di erudito ch'era mancata al Cuoco, difendeva l'autoctonismo delle genti italiche, e affermava l'Italia giá grande prima di Roma, e la riteneva fin da allora quasi una per opera degli etruschi, e concludeva deplorando che la scissione degli italiani "in piccole societá governate da mire diverse d'ambizione e d'interesse" sviluppasse "il germe di quei sentimenti gelosi", generatori, piú tardi, "delle prime rivoluzioni, che in tanti modi influirono su le discordie e l'infelicitá delle nostre provincie": - cos'altro faceva se non parafrasare in prosa storica le pagine semipoetiche del Platone? Alle cui idee sull'antica storia italiana era destinato, attraverso l'opera del Micali, cosí lungo cammino, che, ancora trenta anni dopo, le ripresentava, e in forma piú genuinamente cuochiana, Angelo Mazzoldi nelle sue fantasiosissime Origini italiche(787). Dove, con una tenue variante (la sostituzione d'uno sconvolgimento tellurico al periodo d'intercorsa barbarie immaginato dal Cuoco), si ammettevano a dirittura le due successive civiltá dell'Italia antica propugnate dal Platone; e inoltre s'immaginava, tal quale come in questo, un diretto influsso italico sulla civiltá di tutt'intero il Mediterraneo; e nell'Atlantide platonica si additava l'Italia; e si facevano italiani Omero e Pitagora, che il Cuoco aveva ridotti bensí, vichianamente, a caratteri poetici, ma con la propria postilla che quei "pitagori" e quegli "omèri" non eran greci ma italici.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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