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      (792).
      Discorrer per ultimo d'un influsso esercitato dal romanzo del Cuoco su quello del Manzoni sarebbe, senza dubbio, ridicolo. Giacché, se è soltanto probabile (come tutti affermano) che, nel foggiare il suo anonimo secentesco, l'autore dei Promessi sposi si ricordasse del supposto manoscritto greco da cui sarebbe stato tradotto il Platone, è cosa piú che certa (come non tutti soggiungono) che anche di quel delizioso anonimo, a differenza del suo presunto modello, il Manzoni seppe fare una persona viva. Pure, anche a prescinder dal fatto che dalla lettura del Platone egli fu invogliato a passare a quella delle opere del Vico, resta sempre molto significativo che, nel tempo in cui fu in auge la teoria che con la forma del romanzo storico si potesse rendere in modo adeguato la storia o taluni suoi aspetti(793), si giungesse, in qualche storia letteraria, a porre al medesimo livello "i due immortali romanzi della nostra etá, cioè il Platone in Italia di Vincenzo Cuoco e i Promessi sposi di Alessandro Manzoni"(794).
      Nessuna meraviglia, pertanto, se, durante gli anni in cui la passione pel riscatto nazionale divenne piú tormentosa, il passionale Platone (ristampato ben sei volte dal 1820 al 1861(795)) avesse fortuna molto maggiore del tanto piú sereno e critico Saggio storico (ristampato nei medesimo periodo di tempo soltanto quattro volte(796)). Cosí, per esempio, Giuseppe Gazzeri, nell'annunciar nell'Antologia(797) la morte del Cuoco, lo chiamava "illustre autore del Platone in Italia", senza accennar nemmeno al Saggio.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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