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      Si eran moltiplicate in Napoli le corti giudicatrici piú che non furono moltiplicati in Roma gl'iddii ai tempi di Cicerone, per cui questo grand'uomo si doleva di non potersi fare un passo senza timore di urtare qualche divinitá; e, nel contrasto continuo tra tanti tribunali, spesso era ben difficile sapere da qual di essi uno dovesse esser giudicato. Io ho degli esempi di «quistioni di tribunale», le quali han durato diciotto anni.
      Nuovi disordini, e maggiori. In una monarchia, quello che nella giurisprudenza romana chiamavasi «rescritto del principe» deve avere vigore di legge; ma i principi saggi fanno pochissimi rescritti e non mai per altro che per alcuni casi particolari, onde è che in tutte le monarchie trovasi, per legge quasi fondamentale dello Stato, stabilito che il rescritto non debba mai trasportarsi da un caso all'altro. Nel regno di Napoli i rescritti eransi moltiplicati all'infinito: ciascun ministro ne faceva, e ciascun ministro faceva rescritti invece di leggi. Come sempre suole avvenire, i rescritti eran l'opera de' commessi, e vi è stato tra essi taluno il quale per molti anni è stato il vero, il solo legislatore di tutto il Regno.
      Io mi trattengo molto sopra queste che sembran picciole cose, perché da esse dipendono le grandi. Cambiate le prime, ed imaginate che Tanucci avesse compresa tutta la potenza del Regno e vi avesse stabiliti ordini ed educazione militare; che il potere amministrativo fosse stato diviso dal giudiziario, e divenuto quello piú attivo, questo piú regolare; che tutte le parti dell'amministrazione avessero avuto un centro comune, un Consiglio permanente, alla testa del quale fosse stato il re; e che i ministri, non piú indipendenti l'uno dall'altro e tutti rivali, fossero stati costretti ad operare dietro un piano uniforme e costante; imaginate, insomma, che il re, invece di lasciar preponderare or questo or quell'altro ministro, avesse voluto esser veramente re; e tutto allora sarebbe cambiato.


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Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799
di Vincenzo Cuoco
pagine 270

   





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