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      La regina pensò da banchi privati farli diventar banchi di corte. Il primo uso che ne fece fu di gravarli di qualche pensione in beneficio di qualche favorito; il secondo fu di costringerli a far degl'imprestiti a qualche altro favorito meno vile o piú intrigante; il terzo, di far contribuire grosse somme per i progetti di Acton, che si chiamavano «bisogni dello Stato», quasi che il danaro dei banchi non fosse danaro di quegl'istessi privati ch'erano stati giá tassati. Indi incominciarono le operazioni segrete. Si fecero estrazioni immense di danaro: quando non vi fu piú danaro, si fecero fabbricar carte, onde venderle come danaro. Le carte circolanti giungevano a circa trentacinque milioni di ducati, de' quali non esisteva un soldo.
      Allora incominciò un agio fino a quel tempo ignoto alla nazione, e che in breve crebbe a segno di assorbire due terzi del valore della carta. La corte, lungi dal riparare al male allorché era sul nascere, l'accrebbe, continuando tutto giorno a metter fuori delle carte vuote e facendole convertire in contanti per mezzo de' suoi agenti a qualunque agio ne venisse richiesto. Si vide lo stesso sovrano divenir agiotatore: se avesse voluto far fallire una nazione nemica, non potea fare altrimenti.
      L'agio era tanto piú pesante quanto che non si trattava di biglietti di azione, non di biglietti di corte, la sorte de' quali avesse interessati soli pochi renditieri; si trattava di attaccare in un colpo solo tutto il numerario e di rovesciar tutte le proprietá, tutto il commercio, tutta la circolazione di una nazione agricola, la quale di sua natura ha sempre la circolazione piú languida delle altre.


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Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799
di Vincenzo Cuoco
pagine 270

   





Acton Stato