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      - Questa non è stata una delle ultime cagioni per cui in Napoli hanno mostrato piú coraggio le leve in massa che le truppe regolari, ed il coraggio, invece di scemar colle disfatte, è andato crescendo. E sarebbe cresciuto anche dippiú, se il generale non fosse stato Mack. Vi è della differenza tra l'avvezzare un popolo a disprezzare il nemico ed il fargli credere che non ne abbia: il primo produce il coraggio, il secondo la spensieratezza, cui nel pericolo succede lo sbalordimento. Cesare i suoi soldati, spaventati talora dalla fama delle forze nemiche, non confortava col diminuirla, ma coll'accrescerla. Una volta che si temeva vicino l'arrivo di Iuba, ragunati a concione i soldati: - Sappiate - loro disse - che tra pochi giorni sará qui il re con dieci legioni, trentamila cavalli, centomila armati alla leggiera e trecento elefanti. Cessate quindi di piú vaneggiare per saper quali sieno le sue forze. - Cesare accrebbe il pericolo reale, che, sebben grande, ha però un limite, per toglier quello della fantasia, che non ha limite alcuno. Cosí voglion esser governati tutt'i popoli.
      Lo stesso timore, che la corte ebbe ne' primi rovesci, le ispirò il consiglio di una leva in massa. Si pubblicò un proclama, col quale s'invitarono i popoli ad armarsi e difendere contro gl'invasori i loro beni, le loro famiglie, la religione de' padri loro: fu la prima volta che fu udito rammentare ai nostri popoli ch'essi erano sanniti, campani, lucani e greci. Fu commesso ai preti di risvegliare tali sentimenti in nome di Dio.


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Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799
di Vincenzo Cuoco
pagine 270

   





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