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      - Quando prenderemo noi per principio la salute del popolo ed esamineremo, non ciň che un governo potea, ma solo ciň che dovea fare?
      Voler ricercare un titolo di proprietá nella natura č lo stesso che voler distruggere la proprietá: la natura non riconosce altro che il possesso, il quale non diventa proprietá se non per consenso degli uomini. Questo consenso č sempre il risultato delle circostanze e dei bisogni nei quali il popolo si trova. Tutto ciň che la salute pubblica imperiosamente non richiede, non puň senza tirannia esser sottomesso a riforma, perché gli uomini, dopo i loro bisogni, nulla hanno e nulla debbono aver di piú sacro che i costumi dei loro maggiori. Se si riforma ciň che non č necessario riformare, la rivoluzione avrá molti nemici e pochissimi amici.
      La feudalitá presso di noi presentava una massa immensa di possessi, di proprietá, di esazioni, di preminenze, di diritti, acquistati, ricevuti, usurpati da diverse mani ed in tempi diversi. I feudatari non furono in origine che semplici possessori di fondi coll'obbligo della fedeltá, e, colla legge della devoluzione, essi non differivano dagli altri proprietari se non per aver ricevute dalla mano di un uomo quelle terre che altri ricevute avea dalla sorte. Ma i grandi feudatari erano nel tempo istesso grandi officiali della corona, ed, in tempi di anarchia o di debolezza, quei rappresentanti della sovranitá, potenti ed inamovibili, fecero obbliar la sovranitá che rappresentavano: quei diritti, che essi esercitavano come officiali della corona, divennero prima diritti del feudatario, indi della sua famiglia, finalmente del feudo.


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Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799
di Vincenzo Cuoco
pagine 270