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      Ho osservato in quella occasione che le scelte de' munícipi fatte dal popolo furono meno cattive di quelle fatte dai collegi elettorali, non perché i collegi fossero intenzionati a far il male, ma perché erano nell'impossibilitá di fare il bene, perché non conoscevano le persone che eleggevano e perché spesso eleggevano persone che il popolo non conosceva. Io ripeto sempre lo stesso: nella nostra rivoluzione gli uomini eran buoni, ma gli ordini eran cattivi. Io comprendo l'utilitá di un collegio elettorale dipartimentale, che elegga o proponga que' magistrati che soprastano alla repubblica intera; ma un collegio dipartimentale che discenda ad eleggere i magistrati municipali mi sembra un'istituzione antilogica, per la quale dalle idee delle specie, invece di risalire a quella del genere, si voglia discendere a quella degl'individui, che debbon precedere l'idea della specie. È vero che in taluni momenti si richieggono negli uomini pubblici molte qualitá che il popolo o non conosce o non apprezza; ma voi, che avete il governo della nazione, sapete molto poco, quando non sapete far sí che l'elezione cada sulle persone degne della vostra confidenza, senza alterare l'apparenza della libertá.
      Che ne avvenne? I collegi elettorali distrussero le elezioni fatte dal popolo, disgustarono il popolo e gli uomini popolari che il popolo avea eletto. Se il collegio elettorale chiedeva degli uomini probi, questi erano piú noti al popolo, coi quali convivevano, che a sei persone inviate da Napoli, le quali non conoscevano il popolo né erano conosciute dal medesimo; se chiedeva degli uomini utili alla rivoluzione, quali potevano esser mai questi se non quegl'istessi che il popolo amava e che il popolo rispettava?


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Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799
di Vincenzo Cuoco
pagine 270

   





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