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      Le province ignoravano ciò che si ordinava nella capitale; la capitale ignorava ciò che avveniva nelle province. Si crederebbe? Non si pubblicavano neanche le leggi. Due mesi dopo la pubblicazione in Napoli della legge feudale, non fu questa pubblicata in tutto il dipartimento del Volturno, vale a dire nel dipartimento piú vicino; e la legge feudale era tutto nella nostra rivoluzione.
      Questa legge, che dovea esser nota ai popoli ai quali giovava, fu nota ai soli baroni che offendeva, perché questi soli erano nella capitale. Questa sola circostanza avrebbe di molto accelerata la controrivoluzione, se una parte non piccola della primaria nobiltá non fosse stata per sentimento di virtú attaccata alla repubblica, ad onta de' non piccoli sacrifici che le costava.
      Intanto circolavano per i dipartimenti tutte le carte che potevano denigrare il nuovo ordine di cose, e passavano per le mani de' realisti, i quali accrescevano colle loro insidiose interpretazioni i sospetti che ogni popolo ha per le novitá.
      Questa mancanza di comunicazione fu quella che favorí l'impostura dei còrsi Boccheciampe e De Cesare nella provincia di Lecce; e di questa profittarono il cardinal Ruffo e tutti gli altri capi sollevatori, e riuscí loro facile il far credere che in Napoli era ritornato il re e che il governo repubblicano erasi sciolto. Essi erano creduti, perché il governo nelle province era muto, né piú si udiva la sua voce. Ruffo dava a credere alle province che fosse estinta la repubblica: il Monitore repubblicano, al contrario, dava a credere alla capitale che fosse morto Ruffo.


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Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799
di Vincenzo Cuoco
pagine 270

   





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