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      «Finalmente coloro, i quali avessero avute cariche subalterne e non avessero altri delitti, saranno riserbati all'indulto che Sua Maestį concederį». Questo indulto fu immaginato per due oggetti: il primo era quello di far languire un anno nelle carceri coloro che non aveano alcun delitto. - Mio figlio č innocente - diceva una sventurata madre a Speziale. - Ebbene - rispondeva costui, - se č innocente, avrį l'onore di uscir l'ultimo. - Il secondo oggetto era quello di condannare almeno nell'opinione pubblica, con un perdono, anche coloro che per la loro innocenza doveano essere assoluti.
      Non avea forse ragione la regina, quando, se č vero ciņ che si dice, si opponeva a questa prostituzione di giudizi?
      Io vorrei che si esaminassero li giudizi della Giunta e di coloro che dirigevan la Giunta, non colle massime della ragione e della giustizia naturale, non colle massime della stessa giustizia civile, poiché neanche con queste si troverebbe ragion di condannar come ribelli coloro i quali non avean fatto altro che ubbidire ad una forza legittima e superiore, alla quale era stato costretto a cedere lo stesso re; ma colle massime dell'interesse del re. Io non dirņ che la giustizia č il primo interesse di un re: ammetto anzi che l'interesse del re č la norma della giustizia. Ed anche allora, chi potrebbe assolver molti (io dico «molti», e sono ben lontano dal dir «tutti»: sono ben lontano dal credere tutt'i membri della Giunta simili a Speziale, e forse taluno non ha altra colpa che quella di non esser stato abbastanza forte contro i tempi); chi potrebbe, dico, assolver molti di aver non solo conculcata la giustizia, ma anche tradito il re?


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Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799
di Vincenzo Cuoco
pagine 270

   





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