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      Campanella sostiene, al contrario, che la libertá si perdette in Roma e conservň in Firenze, sol perché quivi il popolo forzň i nobili a discendere dalla loro educazione. Ecco appunto i due aspetti sotto i quali la democrazia or da uno or da un altro si č guardata. Ma Roma ebbe, e per lungo tempo, costumi, costituzione, milizia e potenza; Firenze non ebbe che tumulti, rivoluzioni, licenza, debolezza. Macchiavelli ha per sé i fatti (che son contrari a Campanella) ed il giudizio degli uomini sensati, tra' quali non vi č alcuno che non avrebbe amato di vivere nella repubblica romana in preferenza della fiorentina.
      (48) Mentre io era giunto a questo punto, mi č pervenuta una memoria del cittadino Baudin sulle societá popolari. Mi sia permesso di recarne un tratto, che descrive gli effetti che le societá produssero in Francia e che conferma quello che sempre ho detto, cioč che gli errori erano nei principi.
      «Il desiderio di aggregarsi a queste nuove societá era fomentato da molte cause, che le resero quasi universali. Esse aprivano una carriera all'ambizione e davano un mezzo all'emulazione: facevano sperare ai deboli un appoggio, che per altro era meglio cercare solo nella protezione delle leggi: davano ai patrioti un punto di riunione, che la conformitá degl'interessi e dei princípi dovea far loro desiderare e che contribuir dovea al successo della rivoluzione: ma nel tempo istesso favorivano quel pregiudizio troppo comune tra noi ed in qualche modo nazionale, che fa credere a moltissimi la teoria del governo essere una scienza infusa, di cui si possa parlare senza studio e senza esperienza.


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Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799
di Vincenzo Cuoco
pagine 270

   





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