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      Ma a coloro che avevano onorato gli Dei e rispettati i genitori, maggiori erano i premj, come agli empj e ai parricidi maggiori le pene. E infatti un tiranno della Pamfilia, parricida e fratricida, sebbene già morto da mille anni, non aveva mai potuto risalire a quel prato, donde le anime partivano per andare a rivestire altri corpi15: perchè ogni volta l'uscita gli era contesa da spaventevoli forme, che sembravano come di uomini infiammati, e che, legatolo, lo battevano, lo scorticavano, lo trascinavano fra i triboli, gridando ad alta voce i suoi misfatti, e minacciando precipitarlo per sempre nel fondo dell'abisso16.
      Qui già troviamo qualche prenunziamento dei diavoli dell'inferno secondo le opinioni cristiane; ma l'altra tradizione riferita da Plutarco nell'opuscolo Dei tardi puniti dall'eterna giustizia, ha con sè un vero sentore delle novelle credenze. Il greco moralista, dopo avere anch'esso discorso della immortalità dell'anima, narra la favola di Tespesio. Fu costui nativo della Cilicia, macchiato d'ogni vizio, maladetto dagli uomini e dagli Dei. Parve subitamente morto per una caduta, ma il terzo dì risuscitò e si diede a miglior vita, come un peccatore dei tempi cristiani: e chiesto della causa di tal mutamento, narrò di essersi trovato in un'atmosfera mediano, e gran numero di anime girava sopra la sua testa e sotto i suoi piedi: quelle liete e contente, piangenti queste, e paurose. L'anima di un parente lo riconobbe e seco lo condusse, facendogli notare la trasparente lucidezza delle buone, e le macchie ond'erano ottenebrate le anime malvagie.


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I precursori di Dante
di Alessandro D'Ancona
Arnaldo Forni
1874 pagine 50

   





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