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      Qualche semplice accenno, dovuto forse a credenze diffuse fra il popolo, si aveva già nei sacri libri ebraici; come là dove Giobbe parla della terra tenebrosa, ove sono ombre di morte ed orrore sempiterno18, e Daniele19 dell'eterno obbrobrio e dell'eterna gioia che sarà dopo l'ultimo dei giorni20. Ma egli è veramente col Cristianesimo soltanto, che si forma quella lunga serie di scritture, quell'ampio ciclo leggendario che fa capo alla Divina Commedia, la quale tutte le chiude e comprende. Col Cristianesimo soltanto, il regno di Dio e quello di Satana principiano ad avere forma reale, e, nella loro specifica determinazione, si contrappongono l'uno all'altro. E se la tradizione dei volghi pagani, accolta da qualche filosofo o poeta, aveva cominciato a configurare le due regioni, e stabilito diverse sorta di premj e di pene, tuttavia, nel dogma religioso del paganesimo, il Tartaro null'altro è se non regno di ombre e di tenebre21, e, salvo casi particolari22, privo di corporei patimenti; mentre in regione appartata e verdeggiante stanno i saggi e gli eroi, che non però godono, anzi rimpiangono la perduta esistenza23, e quasi se ne formano una immagine, continuando in quegli esercizi che predilessero in vita24.
      Ma col Cristianesimo questo aspetto dei regni della morte cangia del tutto. Le anime dei defunti vanno o ai gaudj del Paradiso o ai tormenti della geenna, secondo il merito o il demerito. La bontà o la reità delle opere, non la fama o l'oscurità del nome, determina la diversità della loro sorte.


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I precursori di Dante
di Alessandro D'Ancona
Arnaldo Forni
1874 pagine 50

   





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