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      Già non credevasi più alle visioni se non fossero raccontate da uomini che indi a poco fossero venuti a morire, come se il gran passo all'eternità fosse riprova del vero, e l'anima allora presentisse i suoi futuri destini e la vita avvenire114; nè tutti potevano addurre a testimone dei loro racconti quella pelle color di fuoco che il tedesco Evervaco riportò dai tormenti infernali115. Intanto ai monaci solitarj ed agli inframettenti prelati succedono lieti e giocondi poeti laici. La famiglia dei Troveri, dei Giullari e dei Menestrelli, allegri e spensierati quanto severi e cupi erano stati quei loro antecessori nell'uso della visione, venne a sorgere quando appunto più erasi della visione abusato.
      Posti quasi sempre in lotta e in antagonismo coll'ordine sacerdotale, questi poeti vollero anch'essi provarsi ad un soggetto così spesso trattato, e divenuto ormai popolare e comune; e ad occhi aperti e con aperto intelletto, finsero anch'essi un inferno e un paradiso. Ma se il clero aveva confitto nell'abisso i re e i baroni che gli erano stati aperti nemici o non lo avevano favorito, e glorificato in cielo quelli che gli si erano mostrati ligi, i poeti tennero altro modo e fecero altra scelta, ed ebbero agio di mordere acremente l'avarizia, la simonia, la scostumatezza del clero. E così, l'arma che il sacerdozio aveva maneggiato a sua difesa, eragli volta contro ad offesa; e quei racconti dei quali fino allora il popolo aveva avuto terrore, davano occasione alle grasse risate dei borghesi, che si rinfrancavano della sofferta paura.


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I precursori di Dante
di Alessandro D'Ancona
Arnaldo Forni
1874 pagine 50

   





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