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      Ricordisi ancora come nel Paradiso gli spiriti eletti non si dispongano soltanto a forma, di croce, ma più oltre si collochino in guisa da figurare il sacrosanto segno dell'aquila che fè i romani al mondo reverendi: e come alle discettazioni religiose, secondo le più ortodosse dottrine, si alternino; in bocca di Giustiniano le lodi dell'impero, in bocca di san Pietro le invettive contro i pontefici. De' quali, con libero giudicio, riempie l'inferno, e ne trova fra gli eresiarchi, e fra' simoniaci; e nel cerchio degli avari quasi tutti sono chierci e papi e cardinali: ben diverso da quei pii monaci che per lo più serbavano ai sacerdoti il paradiso, l'inferno ai laici. Nè meno da quelli si scosta nell'immaginare il soggiorno dei beati: il quale, nelle descrizioni monastiche, seguendo le forme orientali dei profeti e dell'Apocalisse143, e indulgendo alla rozzezza delle menti, è cosparso di oro e di pietre preziose, edificato di mirabili palagi, inaffiato di limpide acque, allietato da suoni di organi e canti di uccelli, fragrante di inusati odori144, quasi perfezione suprema delle bellezze e dei diletti del senso145. E anche a' tempi del poeta seguitavasi a dipingere per tal modo l'eterea regione; onde il semplice fraticello autore della Visione dei gaudi de' santi146, entrando lassù è incontrato da mille baroni tuttia cavallo, e il paradiso è per lui una città tutta cristallo e gemme, con grandi torri che parea toccassero propriamente il cielo: come se il paradiso fosse altrove che in cielo.


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I precursori di Dante
di Alessandro D'Ancona
Arnaldo Forni
1874 pagine 50

   





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