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      Dante, trattando con tali avvertenze il logoro argomento, vi imprime il proprio suggello indelebile: e dopo di lui il ciclo delle Visioni si chiude. Le antecedenti cadono nell'oblio, d'onde le trae fuori soltanto la critica moderna, che faticosamente investiga la prima origine dei capolavori dell'arte: ma, volere o non volere, nella fantasia umana i tre regni della pena, della purgazione, del premio rimangono architettati, e per sempre, come Dante li rappresenta, e come l'arte replicatamente li ha riprodotti dietro la sua scorta153. Dopo di lui non vi è altro da dire: ond'è che gli ultimi visionarj inconsapevolmente diventeranno plagiari di Dante154, e il giudice Armannino, parafrasando l'Eneide, alle immagini virgiliane, nella descrizione del Tartaro e dell'Eliso; mescerà le dantesche155. La Divina Commedia diventerà egualmente libro del volgo e libro dei teologi; e se le donne di Ravenna veggendo passare il poeta, muto e in sè raccolto, paurose lo additeranno ai figliuoletti come colui ch'è tornato dal buio regno di Satana, del poema ben presto si farà lettura e commento nelle chiese: le pie confraternite lo porranno fra i libri devoti156, e alla Commedia si darà il titolo, che più non le si è scompagnato, di Divina157, come se Dante fosse il più sicuro rivelatore delle glorie del cielo, e da questo fosse disceso: ma per gli uomini di sano intelletto, egli è veramente colui che attinse le più sublimi altezze dell'arte rinnovellata.
      Nè queste nostre ricerche possono in nulla diminuire la gloria del poeta: perchè, anzi, partendo da così basso per giungere sì alto, la critica fa meglio vedere quanto l'opera meditata del genio sovrasti alle incondite creazioni della fantasia popolare.


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I precursori di Dante
di Alessandro D'Ancona
Arnaldo Forni
1874 pagine 50

   





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