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      L'assunzione al potere, o il contatto con esso, o l'affiancamento di esso, sotto qualsiasi bandiera, al bagliore di qualsiasi celebrità cara per il passato, in omaggio a qualsiasi miraggio o principio, a dispetto di qualsiasi apparenza, malgrado tutte le rimasticature di formule trite e avvizzite, porta, in ogni tempo e in ogni luogo, uomini, gruppi e partiti giù, nel pendìo delle degenerazioni; e da stimolanti di progresso, li trasforma in forze di conservazione, e ben presto - giacchè il mondo cammina malgrado essi - li trasforma in fattori di reazione. Il potere si vale sempre del peggio di ogni uomo, e dei peggiori fra tutti gli uomini: esso eleva, premia ed esalta la viltà e la servilità: odia, calpesta e punisce la dignità e l'indipendenza personale.
      E le scuole autoritarie, che predispongono vaste masse di lavoratori al riconoscimento di un Potere, ed alla cecità di fronte ai futuri governi (di dittatura, cosiddetta proletaria; di repubblica, cosiddetta democratica) preparano il successo alle peggiori delusioni, ed agli inganni più funesti.
      Chè, se costretto dalla pressione delle circostanze, qualcosa di meno peggio questo Potere dovrà pur concedere, la predisposizione creata nelle moltitudini dai partiti autoritari, varrà a rendere queste strumento passivo del potere, il quale vedrà ben presto venirgli a mancare il principale stimolo ad agire in avanti: la pressione del malcontento popolare. Se invece questo Potere nuovo stringerà i freni, allora tutti i reazionari lo additeranno a confronto per scagionare i loro delitti.


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Chi siamo e cosa vogliamo
Patria e religione
di Virgilia D'Andrea
1957 pagine 41

   





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