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      Eppure l'apoteosi del trionfo di Bacco - simbolo della plebe in rivolta - quella scena apocalittica, dove di per se stessa s'apre la prigione che chiude il ribelle, e i palazzi del tiranno risplendono di fiamme; e il poeta stesso è immolato, in esempio, alla terribile e necessaria giustizia dei tempi nuovi; tutta quella visione di tragiche ombre e di scroscianti folgori, dovette ripassare nella mente di Tailhade, poeta e idealista francese, allorquando, ferito egli pure, dalla bomba gettata dal nostro compagno Vaillant al parlamento francese, rispondeva l'indimenticabile frase a chi voleva strappargli una condanna pel bombardiere anarchico: «Che importan le vittime se il gesto è bello?».
      Shakespeare, questo possente scultore dei caratteri umani, nelle pagine commoventi del suo Errico VI fa di Jack Cade: questo rudero, questo dimenticato della vita che - Spartaco novello - alla testa di pezzenti e di vagabondi, marcia alla conquista della giustizia e della libertà, una delle figure più avvincenti e suggestive della letteratura.
      Ma più in là, Shakespeare, spinge l'analisi psicologica della rivolta, e l'anima del sedicesimo secolo è rischiarata dalla profonda, impressionante tragedia di Amleto.
      Non è più qui la rivolta dell'uomo amante della vita e dei piaceri, il cui gesto non è che l'impulso improvviso del sangue; ma è la risultante delle meditazioni solitarie, degli estenuanti soliloqui dello spirito. Sì che il disgusto della vita, così come ci viene imposta; l'ingiustizia, la falsità, il delitto ricoperti di sfolgoranti luci; la fatuità di tutte le cose; il marcio della società che pesa sulle spalle peggio della morte; quel desolante disprezzo per la potenza e la grandezza reale; l'ore tragiche, al chiaro di luna, nel cimitero silenzioso; là... dove solo tutti gli uomini sono uguali, davanti all'infinito, ritornati, alfine, un pugno di polvere, sono gli elementi, per cui Amleto votato all'atto disperato, che non si arresta neppure davanti allo spettro della morte.


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Chi siamo e cosa vogliamo
Patria e religione
di Virgilia D'Andrea
1957 pagine 41

   





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