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      Quando la solidarietą umana non era sentita al di lą della cerchia della tribł; e la «patria» era cosģ piccola cosa che tutti i suoi componenti si conoscevano l'un l'altro, e vivevano in un piccolo spazio, ogni civiltą era parola vuota di senso. Perchč?
      Perchč l'essere circondati da villaggi o tribł rivali, faceva restare gli uomini in permanente stato di guerra; ed il combattere era l'occupazione loro pił importante. Da ciņ il prevalere dei sentimenti di odio e di violenza: l'impossibilitą di produrre abbastanza, gli stermini reciproci, le vendette, ecc.
      Ma quando le tribł ed i villaggi giunsero ad accordarsi fra di loro, per formare una collettivitą su pił esteso territorio, i motivi di guerra diminuirono, e gli uomini poterono meglio dedicarsi alle opere della pace. I villaggi divennero cittą, ed in queste, bisognosi di pił stretti legami, vennero a concentrarsi sempre pił numerose popolazioni!
      Allora la «patria» ebbe per confine la mura delle cittą, e presto questo confine si allargņ, per comprendervi un numero di cittą confederate, come per esempio, fra gli Etruschi, oppure col sottomettersi di alcune ad una sola; come accadde nei primi tempi di Roma.
     
     
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      L'Italia, che č una delle unitą nazionali meno omogenee, per una infinitą di ragioni storiche ed etniche (di razza) ci offre, in piccolo, la visione esatta di questa scala della evoluzione dell'idea del sentimento di patria.
      Frantumatasi la grande «unitą» della Roma imperiale, in cui l'Italia non era che una parte del mondo sottomesso ai Cesari, avvenuto in Italia il rimescolģo di una infinitą di altri popoli venuti a fissarvi le loro tende; accadde che di nuovo la penisola si presentņ divisa in aggruppamenti separati, e ciascuno governantesi da sč, in contrasto coi vicini, come quando Roma era una piccola repubblica del Lazio.


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Chi siamo e cosa vogliamo
Patria e religione
di Virgilia D'Andrea
1957 pagine 41

   





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