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      Giunta ad un relativo assestamento, dopo le invasioni barbariche, l'Italia ritrovò se stessa nel periodo dei liberi Comuni. Fu allora che cominciò effettivamente a manifestarsi il sentimento di patria, così come anche oggi lo si intende: soprattutto come aspirazione all'indipendenza del paese dalle dominazioni estranee.
      Ma questo «patriottismo» del tempo dei comuni liberi, non era affatto un patriottismo italiano, bensì un patriottismo cittadino.
      Qualche letterato scriveva di una Roma Universale; ma i patrioti, del tempo di «Arnaldo da Brescia» e di «Cola di Rienzo», non guardavano molto al di là delle materiali mura della città da essi abitata.
      Il «patriottismo» cittadino non era allora meno forte ed ardente di quello italiano del 1848.
      Una città sottomessa ad un'altra aspirava a liberarsi da questa, come l'Italia volle assai più tardi liberarsi dal dominio austriaco.
      Quando una città era in lotta con un'altra per dispute di territorio, per interessi commerciali, per dissensi religiosi o politici, il sentimento che veniva sfruttato dai dominatori della città, per scopi non... cittadini, ma propri, era un sentimento travolgente, e accecante, come quello dei... così detti patrioti... dell'ultima guerra.
      Se si leggono le cronache di quei tempi, i discorsi che facevano ai cittadini ed alle milizie, i podestà ed i capitani del tempo, per una qualsiasi di quelle guerre fra città e città, vi si sente la stessa esaltazione, lo stesso furore di odii e di amore, che si son letti in occasione delle guerre tra nazione e nazione.


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Chi siamo e cosa vogliamo
Patria e religione
di Virgilia D'Andrea
1957 pagine 41

   





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