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      Dopo che Luciano ebbe fatto il suo discorso, l’uomo fu lasciato fuggire. Egli ci disse che le sue gambe erano segnate di grandi solchi nel luogo dove la corda si era avvoltolata, come se avesse ricevuto dei colpi di frusta. Sul mezzogiorno arrivarono due uomini che portavano un biglietto della prossima posta per essere spedito al generale, cosicchè oltre questi due, la nostra compagnia si componeva quella sera di me, della mia guida, del tenente e dei suoi quattro soldati. Questi ultimi erano esseri strani; il primo era un bel giovane nero; un secondo meticcio di indiano e di nero, e gli altri due indescrivibili; cioè un vecchio minatore del Chilì color mogano, ed un altro in parte mulatto. Ma non aveva mai veduto due meticci come questi, forniti di più detestabile espressione del viso. A sera, allorchè si sedettero vicino al fuoco per giuocare alle carte, mi allontanai un poco per osservar quella scena degna di Salvator Rosa. Siccome eran seduti sotto un vasto dirupo, così io poteva vederli dall’alto; intorno ad essi v’erano cani, armi, avanzi di cervi e di struzzi; e le loro lunghe lancie piantate nel terreno. Un po’ più indietro nel buio i loro cavalli erano attaccati a piuoli, pronti ad ogni pericolo inaspettato. Se il silenzio della desolata pianura veniva interrotto dai latrati dei cani, un soldato abbandonava il fuoco, appoggiava il capo sul terreno ed esplorava in tal modo lentamente l’orizzonte. Anche se il rumoroso terutero faceva udire il suo grido, la conversazione si fermava, per un momento ogni testa rimaneva inclinata.


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Diario di un naturalista giramondo
di Charles Darwin
pagine 739

   





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