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      L’uomo allora si prepara a montarlo stringendo fortemente la staffa, affinchè il cavallo non perda l’equilibrio, e nel momento in cui slancia la gamba sul dorso dell’animale, scioglie il nodo scorsoio che lega le zampe anteriori, e l’animale è libero. Alcuni domatori sciolgono il nodo mentre l’animale è sdraiato sul terreno, e già a cavallo lo fanno alzare in piedi sotto di loro. Il cavallo, pazzo di terrore, spicca alcuni sbalzi violenti, poi parte al galoppo; quando è al tutto sfinito, l’uomo pazientemente lo riporta al corral, ove giunge riscaldato e mezzo morto; allora il povero animale è lasciato libero. Quei cavalli che non prendono subito il galoppo; ma che si gettano ostinatamente a terra, sono molto difficili da addestrare. Questo metodo è sommamente pericoloso, ma in due o tre prove il cavallo è domato. Tuttavia non è che dopo parecchie settimane che l’animale si può cavalcare con un morso di ferro, ed un freno solido, perchè deve imparare ad associare la volontà del suo cavaliere col tocco delle redini, prima che possa servire una briglia più perfetta.
      Gli animali in questi paesi sono tanto abbondanti, che l’umanità e l’interesse proprio non vanno uniti; perciò temo che la prima sia quasi ignota. Un giorno mentre cavalcava nei Pampas con un rispettabilissimo Estanciero, il mio cavallo essendo stanco restava indietro. L’uomo spesso mi diceva di spronarlo. Quando io gli diceva che io non aveva cuore, perchè il cavallo era stanchissimo, egli esclamava: «Perchè no? – Non ci badate – Spronatelo – il cavallo è mio». Mi ci volle una certa difficoltà a fargli capire che io non adoperava gli sproni per amore del cavallo e non per amor suo.


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Diario di un naturalista giramondo
di Charles Darwin
pagine 739

   





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