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      Di buon ora al mattino, il signor Archer, sopraintendente aggiunto, ebbe la gentilezza di condurmi alla caccia del kanguro. Continuammo a cavalcare per la maggior parte del giorno, ma non avemmo una buona caccia, non avendo incontrato nè un kanguro, propriamente detto, nè un cane selvatico. I veltri inseguirono un kanguro topo o murino, entro il cavo di un albero, dal quale lo traemmo fuori; è un animale grosso come un coniglio, ma coll’aspetto di un kanguro. Pochi anni fa questo paese abbondava di animali selvatici; ma ora l’Emu è stato respinto molto lontano, ed il kanguro diviene più raro; i veltri inglesi sono stati causa della grande distruzione di entrambi. Ci vorrà molto tempo prima che questi animali siano interamente sterminati, ma la loro condanna è sicura. Gli indigeni sono sempre in cerca di cani che prendono ad imprestito dai poderi; l’uso di questi cani, gli avanzi dell’animale ucciso, e un po’ di latte di vacca, sono doni di pace dei coloni che si vanno inoltrando sempre più avanti nell’interno. L’indigeno spensierato, acciecato da quei frivoli vantaggi, si rallegra dell’avvicinarsi dell’uomo bianco, che sembra destinato ad ereditare il paese dei loro figliuoli.
      Quantunque la nostra caccia fosse molto povera, godemmo di una piacevole cavalcata. La terra boscheggiata è in generale così aperta che una persona a cavallo vi può andar di galoppo. È attraversata da alcune poche valli dal fondo piano, che sono verdi e senza alberi: in quei punti il paesaggio era grazioso come quello di un parco.


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Diario di un naturalista giramondo
di Charles Darwin
pagine 739

   





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