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      Quanto poi all’argomento dell’imitazione, esiste una grande tendenza nelle nostre prossime affini, le scimmie, negli idioti microcefali e nelle razze umane barbare ad imitare tutto ciò di cui l’orecchio dà loro contezza. Siccome le scimmie intendono certamente molta parte di ciò che l’uomo dice loro, e siccome nello stato di natura mandano grida di allarme per avvertire le compagne, non sembra al tutto incredibile che qualche animale come la scimmia insolitamente dotato di ingegno superiore abbia cercato d’imitare il ruggito di una belva tanto per indicare alle scimmie sue compagne la qualità del pericolo che le minacciava. E questo sarebbe stato il primo passo nella formazione di un linguaggio.
      Mentre la voce si andava sempre più adoperando, gli organi vocali debbono essersi man mano rinforzati e perfezionati pel principio degli effetti ereditari dell’esercizio, e ciò può avere reagito sulla facoltà di parlare. Ma la relazione tra l’uso continuato del linguaggio e lo sviluppo del cervello deve essere stata indubbiamente molto più importante. Le potenze mentali di alcuni fra i primi progenitori dell’uomo debbono essere state molto più sviluppate di quello che siano in nessuna scimmia esistente oggi; prima anche che fosse adoperata qualunque, per quanto imperfetta forma di linguaggio; ma possiamo credere con piena fede che l’uso continuato e il progresso di questa potenza deve aver reagito sulla mente rendendola atta sempre meglio a formare una lunga catena di pensieri. Una lunga e complessa serie di pensieri non può formarsi senza l’aiuto delle parole, siano esse pronunciate, o taciute come non si può fare un lungo calcolo senza adoperare le figure dell’algebra.


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L'origine dell'uomo e la scelta in rapporto col sesso
di Charles Darwin
A. Barion
1926 pagine 830