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      E, in terzo luogo, la scarsa potenza del padroneggiarsi; perchè questa potenza non si è accresciuta per lunga e continua e forse ereditata abitudine, per l’istruzione e per la religione.
      Mi sono esteso un tantino intorno alla immoralità dei selvaggi, perchè certi autori si son fatti recentemente un alto concetto della loro natura morale, o hanno attribuito la maggior parte dei loro delitti ad una mal compresa benevolenza. Questi autori sembrano appoggiare la loro conclusione a ciò che i selvaggi posseggono, cosa del resto certissima, e spesso in alto grado, quelle virtù che sono vantaggiose, o anche necessarie per l’esistenza di una comunità.
      Osservazioni conclusive. - I filosofi della scuola derivativa di morale sostenevano dapprima che la base della moralità consiste in una forma di egoismo; ma più recentemente nel gran principio della massima felicità. Secondo il modo di vedere summenzionato, il senso morale è fondamentalmente identico agli istinti sociali; e per ciò che riguarda gli animali sottostanti sarebbe assurdo considerare questi istinti come derivanti da egoismo, o dalla felicità della colonia. Tuttavia, sono certamente stati sviluppati dal bene generale della comunità. Questo modo di dire, bene generale, può venire definito siccome il mezzo per cui il maggior numero possibile di individui possono essere venuti su sani e vigorosi, con tutte le loro facoltà bene sviluppate nelle condizioni in cui si trovano. Siccome gli istinti sociali tanto dell’uomo come degli animali a lui inferiori sono stati senza dubbio sviluppati colla stessa gradazione, sarebbe convenevole, se fosse praticabile, adoperare in ambi i casi la stessa definizione, e prendere per prova di moralità il bene e la prosperità della comunità, piuttostochè la generale felicità; ma questa definizione richiederebbe forse qualche restrizione a cagione della morale politica.


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L'origine dell'uomo e la scelta in rapporto col sesso
di Charles Darwin
A. Barion
1926 pagine 830