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      Dobbiamo ricordarci che il progresso non è una regola invariabile. È difficile dire perchè una nazione civile si innalza, divien più potente che non un’altra; o perchè la stessa nazione progredisce più in un tempo che non in un altro. Noi possiamo solo dire che ciò dipende dall’aumento nel numero attuale della popolazione del numero di uomini forniti di alte facoltà morali ed intellettuali, come pure dal livello della loro bontà. Sembra che la struttura corporea, tranne in ciò che la robustezza del corpo produce vigore di mente, abbia solo una piccola azione.
      Parecchi autori hanno detto che, qualora la potenza elevata intellettuale fosse utile ad una nazione, gli antichi Greci, i quali erano superiori di qualche grado nell’intelletto a qualunque razza che abbia mai esistito, avrebbe dovuto elevarsi, se fosse vera la potenza della scelta naturale, sempre più nella scala, crescer di numero, e popolare tutta l’Europa. Qui noi abbiamo la tacita asserzione così sovente addotta rispetto alle strutture corporee, che vi è una certa innata tendenza al continuo sviluppo della mente e del corpo. Ma ogni sorta di sviluppo dipende dal concorso di molte circostanze favorevoli. La scelta, naturale opera soltanto come un tentativo. Gli individui e le razze possono aver acquistato certi vantaggi incontrastabili, e tuttavia esser periti per la mancanza di altri caratteri. I Greci possono essere retroceduti per mancanza di coesione fra i piccoli Stati per la piccola estensione del loro paese, per la pratica della schiavitù, o per una estrema sensualità: perchè non soccombettero se non quando furono "snervati e corrotti fino in fondo all’anima". Le nazioni occidentali di Europa, che ora superano smisuratamente i loro primieri progenitori selvaggi e stanno alla cima dello incivilimento, non debbono che poco o forse nulla della loro superiorità alla diretta eredità degli antichi Greci; sebbene vadan debitori di molto alle opere scritte di quel popolo meraviglioso.


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L'origine dell'uomo e la scelta in rapporto col sesso
di Charles Darwin
A. Barion
1926 pagine 830

   





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