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      Quindi possiamo vedere come vada che certe rassomiglianze di strutture poco importanti, di organi rudimentali ed inutili, e di parti non ancora pienamente sviluppate o funzionalmente attive, siano molto più utili per la classificazione; perchè non possono essere attribuite all’adattamento seguito in un tardo periodo; e così rivelano le antiche linee di origine o di vera affinità.
      Possiamo inoltre vedere perchè un gran complesso di modificazioni in qualche carattere non debba indurci a separare largamente due dati organismi. Una parte che differisce già molto dalla stessa parte in altre forme affini ha già, secondo la teoria della evoluzione, molto variato; per conseguenza (finchè l’organismo è rimasto esposto alle stesse condizioni di eccitamento) ha dovuto essere soggetto ad ulteriori variazioni della stessa sorta; e queste, qualora fossero benefiche, si sarebbero conservate, e così continuamente accresciute. In molti casi lo sviluppo continuo di una parte, per esempio, del becco di un uccello, o dei denti di un mammifero, non sarebbe vantaggioso alle specie per guadagnarsi il cibo, o per qualunque altro oggetto; ma nell’uomo non vediamo limite definito, per ciò che riguarda il vantaggio, al continuo sviluppo del cervello e delle facoltà mentali. Perciò volendo fermare il posto dell’uomo nel sistema naturale o genealogico, lo sviluppo estremo del suo cervello, non deve controbilanciare una moltitudine di rassomiglianze in altri punti meno importanti o non importanti affatto.
      La maggior parte dei naturalisti che hanno preso in considerazione l’intera struttura dell’uomo, comprese le sue qualità mentali, hanno seguito Blumenbach e Cuvier, ed hanno collocato l’uomo in un ordine separato, col nome di bimani, e quindi in equipollenza cogli ordini dei quadrumani, carnivori, ecc.


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L'origine dell'uomo e la scelta in rapporto col sesso
di Charles Darwin
A. Barion
1926 pagine 830

   





Blumenbach Cuvier