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      Le donne ottentote presentano alcune particolarità molto più fortemente spiccate che non quelle che presenta qualunque altra razza, ma si sa che queste particolarità non sono costanti. In varie tribù americane il colore e la capigliatura differiscono notevolmente; ciò si osserva pure sino a un certo punto nel colore, e molto spiccatamente nella forma delle fattezze dei Neri dell’Africa. La forma del cranio varia molto in alcune razze; e ciò segue pure di ogni altro carattere. Ora tutti i naturalisti hanno imparato, mercè una esperienza caramente acquistata, quanto sia cosa temeraria definire la specie appoggiandosi a caratteri incostanti.
      Ma l’argomento che ha maggior peso contro l’idea di considerare le razze umane come specie distinte è questo, che si graduano l’una sull’altra, indipendentemente in molti casi, almeno da quanto possiamo giudicare, dall’essersi incrociate. L’uomo è stato studiato con maggior cura che non qualunque altro essere organico, e tuttavia v’ha la più grande diversità possibile fra i vari giudici competenti nell’opinione se egli debba essere considerato come una specie o razza unica, o come due (Virey), come tre (Jacquinot), come quattro (Kant), cinque (Blumenbach), sei (Buffon), sette (Hunter), otto (Agassiz), undici (Pickering), quindici (Bory St-Vincent), sedici (Desmoulins), ventidue (Morton), sessanta (Crawfurd), o sessantatre secondo Burke. Questa diversità di giudizio non prova che le razze non debbano essere classificate come specie, ma dimostra che si graduano l’una nell’altra, e che non è quasi possibile discernere i caratteri chiaramente distinti che le separano.


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L'origine dell'uomo e la scelta in rapporto col sesso
di Charles Darwin
A. Barion
1926 pagine 830

   





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