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      È in generale ammesso che nell’uomo il canto sia la base e l’origine della musica strumentale. Siccome nè il piacere nè l’attitudine a produrre note musicali non sono facoltà che abbiano il menomo utile diretto per l’uomo per ciò che riguarda gli abiti ordinari della vita, esse debbono essere collocate fra le più misteriose di cui l’uomo vada dotato. Sono presenti, sebbene in una condizione molto rozza e come sembra quasi latente, negli uomini, di tutte le razze, anche le più selvagge; ma il gusto è così differente nelle differenti razze, che la nostra musica non procura alcun piacere ai selvaggi, e la loro è per noi orribile e incomprensibile. Il dottor Seemann, in alcune interessanti osservazioni a questo riguardo, "dubita se anche fra le nazioni dell’Europa occidentale, per quanto intimamente connesse esse siano e sia frequente il loro commercio, la musica dell’una venga interpretata nello stesso senso dall’altra. Viaggiando verso Oriente troviamo che la musica ha certamente un linguaggio differente. I canti di gioia ed i ballabili non son più, come presso di noi, in tono maggiore, ma sempre in minore". Sia che i progenitori semiumani dell’uomo possedessero o no, come il sopramenzionato ilobate, la facoltà di produrre, e senza dubbio di apprezzare le note musicali, abbiamo ogni ragione di credere che l’uomo abbia posseduto queste facoltà in un periodo remotissimo, perchè il canto e il suono sono arti estremamente antiche. La poesia, che si può considerare come la figlia del canto, è parimente tanto antica che molte persone provano meraviglia pensando che abbia avuto origine durante le epoche più antiche di cui abbiamo memorie.


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L'origine dell'uomo e la scelta in rapporto col sesso
di Charles Darwin
A. Barion
1926 pagine 830

   





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