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      Potrebbe chiedersi quale sia il motivo, per cui tutti i più grandi naturalisti e geologi viventi respingano l'idea della mutabilità delle specie. Non può sostenersi che gli esseri organizzati nello stato di natura non vadano soggetti ad alcuna variazione; nè può provarsi che l'insieme delle variazioni, prodotte nel corso di lunghe età, sia limitato nella quantità; non si è posta, nè poteva porsi, alcuna distinzione chiara fra le specie e le varietà bene marcate. Così non può ammettersi che le specie, quando sono incrociate, sono sterili invariabilmente, e le varietà sono in tal caso costantemente feconde, o pure che la sterilità è una dote speciale e un segno della creazione indipendente. La credenza che le specie fossero produzioni immutabili era quasi inevitabile, finchè si ritenne che la storia del mondo fosse di una breve durata; ma ora che abbiamo acquistato qualche idea del corso dei tempi, noi non siamo troppo disposti a credere, senza prove, che le memorie geologiche siano abbastanza complete da fornirci una chiara dimostrazione della trasformazione delle specie, se queste furono soggette a variazioni.
      Ma la cagione principale della nostra ripugnanza naturale nell'ammettere che una specie abbia dato origine ad un'altra specie distinta, è quella che noi siamo sempre poco facili a credere ad ogni grande cambiamento, di cui non si vedano i gradi intermedi. Tale difficoltà è simile a quelle che molti geologi esternarono, quando Lyell per il primo stabiliva che le lunghe catene di roccie interne sui continenti furono formate dall'azione lenta dei flutti contro le coste, e che questi flutti stessi escavarono le grandi vallate.


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Sulla origine delle specie per elezione naturale
ovvero conservazione delle razze perfezionate nella lotta per l'esistenza
di Charles Darwin
Edizione Barion
1933 pagine 769

   





Lyell