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      Attribuimmo in principio questo fenomeno agli effetti consecutivi della luce, che in ogni caso si manifestano; ma dopo di aver letto le osservazioni di Wiesner,(140) alle quali ci riferiremo nell'ultimo capitolo, non potemmo dubitare che una luce intermittente non fosse più efficace di una luce continua, giacchè le piante sono sensibili sopratutto al contrasto nell'intensità luminosa.
      I cotiledoni di Phalaris s'inclinano molto più lentamente verso una luce fioca che verso una brillante. Così, nelle nostre esperienze sopra pianticelle poste in un locale oscuro a 12 piedi da una piccola lampada, l'incurvatura verso questa era dopo 3 ore ancora assai dubbiosa, ma manifesta dopo 4 ore. Dopo 8 ore e 40 m. le corde degli archi formate dai cotiledoni non si allontanavano dalla perpendicolare che di 16° in media. Se la luce fosse stata brillante, si sarebbero curvate assai più fortemente nel tempo di un'ora a due. Facemmo parecchie esperienze sopra pianticelle poste a diverse distanze da una piccola lampada in un ambiente oscuro, ma ne citeremo una sola. Furono lasciati dei vasi per 4 ore davanti ad una lampada a distanze di 2, 4, 8, 12, 16 e 20 piedi. Siccome l'intensità luminosa decresce in progressione geometrica, le pianticelle poste nel secondo vaso ricevevano 1/4, quelle del terzo 1/16, quelle del quarto 1/36, quelle del quinto 1/64, quelle del sesto 1/100 della luce che ricevevano le pianticelle del primo o del prossimo vaso. Era dunque da aspettarsi una enorme differenza nella loro incurvatura eliotropica, ed essa vi fu infatti fra le pianticelle più vicine e quelle più lontane dalla lampada, ma per i vasi fra loro più vicini la differenza era assai leggera.


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Il potere di movimento nelle piante
di Charles Darwin
Utet
1884 pagine 766

   





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