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      Nota III.
      Lazzaro Spallanzani, Viaggi alle Due Sicilie (edizione del 1793 vol. IV, p. 297), esprime il convincimento che il corallo messinese a capo di dieci anni acquisti la massima sua altezza che accostasi a quella d’un piede. Questa sua convinzione è desunta da quanto lo stesso Spallanzani ci racconta. Egli dice: «Quei pescatori di corallo (messinesi), hanno diviso tutto il tratto dello Stretto ove pescano, in dieci porzioni. Ogni anno non pescano che in una sola di queste porzioni, nè vi tornano a pescare, se non passato il decennio. Questo decennale intervallo lo credono necessario al corallo perchè acquisti l’intiero suo accrescimento in altezza, e la piena consistenza. Quando difatti trascurano questa legge, trovano il corallo più minuto e meno consistente; e l’intensità del colore è sempre in ragione del numero degli anni scorsi dalla prima pesca. Passato il decennio, credono essi che il corallo più non cresca in altezza, ma solamente in grossezza, la quale però ha i suoi limiti. In effetto, hanno osservato che il corallo pescato nella parte accennata di Santo Stefano, luogo ove a memoria d’uomo non era mai stato pescato, quantunque fosse d’un intensissimo colore, non era però maggiore in altezza del corallo ordinario, sebbene in grossezza lo superasse d’un terzo».
      Nota IV.
      Lo Spallanzani ricorda che nel 1787, otto miglia al di là di Messina, in faccia al Canale di San Stefano furono scoperti dei nuovi banchi di corallo che dettero abbondante ed eccellente prodotto; in quei paraggi il corallo nobile si pescava ad una profondità variabile fra 350 e 650 piedi.


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Sulla struttura e distribuzione dei banchi di corallo e delle isole madreporiche
di Charles Darwin
Utet
1888 pagine 343

   





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