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      Se, d'altra parte, un gran numero di tali piante subirono profonde modificazioni per effetto della coltura, la difficoltà cessa; essa sarebbe tolta ancora dall'ipotesi della distruzione delle forme selvaggie in forza della progrediente civiltà, ma il De Candolle dimostra che probabilmente ciò è avvenuto di rado. Appena una pianta sia coltivata in una località, gli abitanti mezzo barbari non avranno bisogno di cercarla su tutta l'estensione del paese, ciò che potrebbe trarla alla completa estirpazione; ed ammesso pure che ciò possa avvenire in un'epoca di carestia, rimarranno almeno i segni nel suolo. Come Humboldt l'ha osservato già da molto tempo, nei paesi tropicali la lussureggiante selvaggia natura vince i deboli sforzi dell'uomo. Nei paesi temperati da lungo coltivati, dove l'intera superficie del suolo fu considerevolmente trasformata, alcune piante poterono, senz'alcun dubbio, essere esterminate; nullameno il De Candolle ha provato che tutte quelle piante che, secondo i ricordi storici, si sa essere state coltivate dapprima in Europa, vi esistono ancora allo stato selvaggio.
      Loiseleur-Deslongchamps(535) e De Candolle hanno espresso l'opinione che le nostre piante coltivate, e specialmente i cereali, debbano essere esistite originamente presso a poco allo stato in cui si trovano al presente, perchè altrimenti non si sarebbero conosciute ed apprezzate come cibo. Ma questi autori non hanno evidentemente pensato alle molte notizie che ci diedero i viaggiatori intorno al miserabile nutrimento raccolto dai selvaggi.


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Variazione degli animali e delle piante allo stato domestico
di Charles Darwin
Utet
1876 pagine 1426

   





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