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      Ciò non ostante, a cagione della sua apparenza, tutti gl'inquilini della casa lo chiamavano da anni, per celia, don Celzani. E pure trovando in lui un'ombra leggiera di ridicolo, lo stimavano e gli volevano bene, poiché era cortese e servizievole, timidamente rispettoso con tutti, e sempre eguale; non avendo, quando la sua pazienza era messa alla più dura prova, altra esclamazione più risentita di quella di: "Dio grande!" ch'egli metteva fuori alzando gli occhi al cielo e allargando le braccia, in atto d'invocazione. Ma v'era un lato della sua natura che nessuno conosceva. Sotto quell'aspetto composto di prete travestito si celava un temperamento fisico vivacissimo, una forte sensualità contenuta, non per ipocrisia, ma in parte per timidezza, in parte per sentimento di decoro, e dissimulata per lo più da un'aria di profonda meditazione. A veder per la strada quell'uomo vestito di nero, un po'curvo, coi capelli scuri spioventi, col viso liscio, con due occhi cosí piccoli che quando sorrideva non si vedevan più, con un naso lungo e sottile di asceta, con un'andatura come s'egli studiasse di farsi piccolo, e sempre con lo sguardo rivolto a terra, a dieci passi davanti a sé, nessuno avrebbe mai pensato che non sfuggisse alla sua vista né un piedino scoperto sul montatoio d'una carrozza, né una fotografia libera in una vetrina, né una coppia tortoreggiante sotto un portone, né alcuna cosa od immagine che potesse eccitare i sensi. Un osservatore non avrebbe potuto riconoscere il suo temperamento che dalla grande bocca mobile, che pareva formata di due serpentelli vermigli, e da certe ondate di sangue che, al passar di certi pensieri, gli coloravano per un momento il collo e la faccia.


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Amore e ginnastica
di Edmondo De Amicis
pagine 133

   





Celzani