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      A quella chiusa si scatenò una tempesta; tutti balzarono in piedi, battendo le mani e gridando; la Pedani, pallida e trafelata, si dovette alzar tre volte per ringraziare. Le ultime parole erano state dette veramente con vigore d'entusiasmo apostolico e avevano scosso le fibre di tutti. Quando l'acclamazione pareva finita, ricominciò; tutti i filoginnici dell'assemblea e delle tribune erano in visibilio. Due o tre oratori che sorsero dopo di lei non furono quasi più intesi. Quando la seduta fu chiusa, scoppiò un nuovo applauso, e la Pedani discese dal suo banco fra due ali di visi sorridenti e di mani tese, in mezzo a un gridio assordante di congratulazioni e di evviva.
      L'immagine d'una creatura umana che godesse l'ultima ora d'ebbrezza sulla soglia d'un palazzo incantato, prima d'esser precipitata per un trabocchetto in carcere eterna, basta a mala pena a dare un'idea dello stato d'animo in cui il povero segretario aveva udito quel discorso e quegli applausi, e visto accendersi a poco a poco e quasi grandeggiare la figura della maestra.
      Quando ella ebbe finito, egli si guardò intorno, come se si riavesse da un sogno, e sentí tutto a un tratto una cosí violenta stretta di tristezza e di pietà per se stesso, che dovette fare uno sforzo per trattenere il pianto. In quel punto si sentí chiamare da una voce conosciuta:
      - Signor Celzani! - e voltatosi, vide le mille rughe sorridenti del cavalier Pruzzi, ancora tutto vibrante d'entusiasmo, sotto la sua parrucca messa di sbieco. - Ha sentito, eh, - gli disse questi, sporgendo innanzi la pancia tonda, - che maestre abbiamo a Torino?


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Amore e ginnastica
di Edmondo De Amicis
pagine 133

   





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