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      Qui proprio si prova per qualche momento una sensazione che somiglia a quella dell’hasciss. Quella rosa di strade sfolgoranti, che conducono al Théâtre français, alle Tuileries, alla Concordia, ai Campi Elisi, che vi portano ciascuna una voce della gran festa di Parigi, che vi chiamano e che v’attirano da sette parti come le entrate maestose di sette palazzi fatati, vi accendono nel cervello o nelle ossa il furore dei piaceri. Vorreste veder tutto ed esser da per tutto ad un tempo; a sentire dalla bocca del grande Got l’efface sublime dei Fourchambault a folleggiare a Mabille, a nuotare nella Senna, a cenare alla Maison dorée; vorreste volare di palco scenico in palco scenico, di ballo in ballo, di giardino in giardino, di splendore in splendore, e profondere l’oro, lo champagne e i bons mots, e vivere dieci anni in una notte.
      Eppure non è questo il più bello spettacolo della notte. Si va innanzi fino alla Maddalena, si svolta in Rue royale, si sbocca in piazza della Concordia, e là si lascia sfuggire la più alta e più allegra esclamazione di meraviglia che strappi Parigi dalle labbra d’uno straniero. Non c’è sicuramente un’altra piazza di città europea dove la grazia, la luce, l’arte, la natura, s’aiutino così mirabilmente fra loro per formare uno spettacolo che rapisca l’immaginazione. A primo aspetto non si raccapezza nulla, nè i confini della piazza, nè le distanze, nè dove si sia, nè che cosa si veda. È uno sterminato teatro aperto, in mezzo a uno sterminato giardino ardente, che fa pensare all’accampamento illuminato di un esercito di trecento mila uomini.


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Ricordi di Parigi
di Edmondo De Amicis
Treves Milano
1879 pagine 192

   





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