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      Ma è la profusione delle cose che sgomenta.
      Entrate fra le bretelle: c’è da imbretellare tutti i giubilati d’Italia; tra i legacci: ce ne sono da provvedere tutti gli innamorati della Frisia per i loro regali di nozze. Così nella galleria lunghissima delle arti liberali, decorata con una semplicità severa, dalla sala delle missioni giù giù fra le biblioteche e le mappe, fra gli strumenti chirurgici e i modelli anatomici, dove s’arrestano pochi visitatori silenziosi, che meditano e notano. Qui c’è la splendida esposizione libraria della Francia, prima fra tutte, dove gli editori espongono sulle pareti, come titoli di nobiltà, gli elenchi interminabili degli autori illustri a cui prestarono i tipi: una collezione di gioielli del Plon, del Didot, del Jouvet, dell’Hachette, che annunzia al mondo il connubio desiderato e glorioso del genio dell’Ariosto e dell’ispirazione del Dorè; e le legature delicate e magnifiche del Rossigneux, dinanzi a cui la mano si slancia prima al portamonete, e poi si alza a dare una grattatina rassegnata alla barba. E via, a traverso all’esposizione brillante delle armi, nelle sale della scultura dei metalli, che è un vasto museo d’orologi monumentali di bronzo, di statue d’argento di grandezza umana, di candelabri, di lampade e di lanterne da vestiboli di reggia; a cui tien dietro, in una doppia fila senza fine di saloni aperti come teatri, la mostra meravigliosa del mobilio, nella quale s’alternano colle bizzarrie graziose della moda le forme correttamente eleganti del rinascimento; dopo di che non resta che la galleria dei prodotti.


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Ricordi di Parigi
di Edmondo De Amicis
Treves Milano
1879 pagine 192

   





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