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      E poi egli rivela l’animo suo candidamente. In un’occasione in cui non volle lasciar rappresentare un suo dramma perchè un altro aveva trattato lo stesso soggetto, disse: — Non voglio esser paragonato, — A un editore che gli proponeva di pubblicare una scelta delle sue poesie, rispose: — Voi mi avete l’aria d’un uomo che, mostrando in una mano dei sassi raccolti sul Monte Bianco, creda di poter dire alla gente: Ecco il Monte Bianco. — Egli si considera al di sopra d’ogni confronto possibile con qualunque scrittore contemporaneo. Non piglia, infatti, alcuna parte in quella guerra continua che si movono gli scrittori di Francia a motti arguti e maligni, che scorticano senza far stridere, e fanno il giro di Parigi. Se ne sta in disparte, muto. E non sarebbe atto, d’altra parte, a questa specie di guerra. Dicono: perchè non ha «spirito.» Egli ha risposto acerbamente a questa critica. — Dire che un uomo di genio non ha spirito, è una gran consolazione per i moltissimi uomini di spirito che non hanno genio. — Ma la critica è giusta forse, benchè si trovino nei suoi discorsi parlamentari dei mirabili esempi di risposte improvvise a botte inaspettate. Il suo scherno ha spesso il conio del grande ingegno; ma non provoca il riso salato e pepato della vera arguzia francese. Lo stiletto sottile dell’ironia sfugge dalle sue mani di colosso; egli non è atto che a dare i grandi colpi di mazza che sfracellano il casco e la testa. E poi oramai si ritiene quasi al di sopra della letteratura. Si riguarda quasi come un sacerdote di tutte le genti, sopravvissuto, per decreto della Provvidenza, a mille prove e a mille sventure, per vegliare sull’umanità. Questo apparisce lucidamente dalle sue apostrofi ai popoli, dalle sue intimazioni ai monarchi, dal tono di profezia che dà ai suoi presentimenti, dalla forma di responso che dà alle sue sentenze, dal carattere di minaccia che dà ai suoi rimproveri, da tutto il suo linguaggio spezzato in affermazioni altiere e in giudizii assoluti, come se ogni sua proposizione fosse un decreto, da incidersi sul bronzo o nel marmo per le generazioni avvenire.


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Ricordi di Parigi
di Edmondo De Amicis
Treves Milano
1879 pagine 192

   





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