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      Eravamo nel suo studio: una bella sala piena di luce, decorata di molti quadri a olio; da cui s’indovinava l’uomo che ama molto la casa e che vive molto solo. Certe descrizioni, infatti, di stanze calde e piene di comodi, che si trovano nei suoi romanzi, non possono essere fatte che da un uomo che sta volentieri nel suo nido, in mezzo a tutte le raffinatezze della buona vita casalinga. Aveva davanti un grande tavolino coperto di carte e di libri, disposti con ordine, e sparso di molti piccoli oggetti luccicanti, di forma graziosa, come il tagliacarte; che rivelavano un fino gusto artistico. Tutta la sala indicava l’agiatezza elegante dello scrittore parigino in voga. In una parete c’era un suo grande ritratto a olio, di quando aveva ventisei anni.
      Parlò per prima cosa della lingua italiana. — Mi rincresce, — disse, — di non poter leggere libri italiani. Noi altri francesi, in questo, siamo proprio da compiangere. Non sappiamo nessuna lingua. Ma io l’italiano lo dovrei sapere, essendo figliuolo d’un italiano. — E ci accennò lo studio critico della nostra Emma sopra la Page d’amour, pubblicato dall’Antologia, dicendo che era costretto a farselo tradurre perchè, essendosi provato a leggerlo, la metà del senso gli era sfuggita.
      Si rassegnino dunque i nostri coraggiosi traduttori dell’Assommoir; lo Zola non è in grado di compensare i loro sudori con una lode sincera.
      Poi diede al Parodi due risposte monosillabiche in cui si rivelò tutta la franchezza della sua natura.
      Il Parodi aveva inteso dire d’una discussione sopra il Chateaubriand seguita a tavola fra il Turghenieff, lo Zola, il Flaubert e uno dei fratelli Goncourt; che questa discussione era durata sei ore, ardentissima, e che due dei commensali avevano difeso l’autore del Genio del Cristianesimo contro gli altri due, i quali negavano che fosse un grande scrittore.


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Ricordi di Parigi
di Edmondo De Amicis
Treves Milano
1879 pagine 192

   





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