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      Se mi metto a tavolino per cercare un intreccio, una tela qualsiasi di romanzo, sto anche lì tre giorni a stillarmi il cervello, colla testa fra le mani, ci perdo la bussola e non riesco a nulla. Perciò ho preso la risoluzione di non occuparmi mai del soggetto. Comincio a lavorare al mio romanzo, senza sapere nè che avvenimenti vi si svolgeranno, nè che personaggi vi avranno parte, nè quale sarà il principio e la fine. Conosco soltanto il mio protagonista, il mio Rougon o Macquart, uomo o donna; che è una conoscenza antica. Mi occupo anzi tutto di lui, medito sul suo temperamento, sulla famiglia da cui è nato, sulle prime impressioni che può aver ricevute, e sulla classe sociale in cui ho stabilito che debba vivere. Questa è la mia occupazione più importante: studiare la gente con cui questo personaggio avrà che fare, i luoghi in cui dovrà trovarsi, l’aria che dovrà respirare, la sua professione, le sue abitudini, fin le più insignificanti occupazioni a cui dedicherà i ritagli della sua giornata. Mettendomi a studiare queste cose, mi balena subito alla mente una serie di descrizioni che possono trovar luogo nel romanzo, e che saranno come lo pietre miliari della strada che debbo percorrere. Ora, per esempio, sto scrivendo Nana: una cocotte. Non so ancora affatto che cosa seguirà di lei. Ma so già tutte le descrizioni che ci saranno nel mio romanzo. Mi son domandato prima di ogni cosa: — Dove va una cocotte? — Va ai teatri, alle prime rappresentazioni. Sta bene. Ecco cominciato il romanzo.


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Ricordi di Parigi
di Edmondo De Amicis
Treves Milano
1879 pagine 192

   





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