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      Erano i primi studi dell’Assommoir, in tanti foglietti volanti.
      Sui primi fogli c’era uno schizzo dei personaggi: appunti sulla persona, sul temperamento, sull’indole. Ci trovai lo «specchio caratteristico» di Gervaise, di Coupeau, di maman Coupeau, dei Lorilleux, dei Boche, di Goujet, di madame Lérat: c’eran tutti. Parevano note d’un registro di questura, scritte in linguaggio laconico, e liberissimo, come quello del romanzo, e interpolate di brevi ragionamenti, come: – Nato così, educato così; si porterà in questo modo. – In un luogo c’era scritto: – E che può far altro una canaglia di questa specie? – M’è rimasto impresso, fra gli altri, lo schizzo di Lantier, che era un filza d’aggettivi, che formavano una gradazione crescente d’ingiurie: – grossier, sensuel, brutal, egoiste, polisson. – In alcuni punti c’era detto: – servirsi del tale – una persona conosciuta dall’autore. Tutto scritto in caratteri grossi e chiari, e con ordine.
      Poi mi caddero sotto gli occhi gli schizzi dei luoghi, fatti a penna, accuratamente, come un disegno d’ingegnere. Ce n’era un mucchio: tutto l’Assommoir disegnato: le strade del quartiere in cui si svolge il romanzo, colle cantonate, e coll’indicazione delle botteghe; i zig-zag che faceva Gervaise per scansare i creditori; le scappate domenicali di Nana; le pellegrinazioni della comitiva dei briaconi di bastringue in bastringue e di bousingot in bousingot; l’ospedale e il macello, fra cui andava e veniva, in quella terribile sera, la povera stiratrice straziata dalla fame.


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Ricordi di Parigi
di Edmondo De Amicis
Treves Milano
1879 pagine 192

   





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