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      La più torpida pigrizia è scossa e vinta. La vita sensuale e la vita intellettuale si intrecciano così sottilmente, e ci allacciano la giornata in una rete così fitta di piaceri e di pensieri, che non è più possibile stricarsene. Una curiosità smaniosa di mille cose s’impadronisce di noi, e ci fa correre dalla mattina alla sera coll’interrogazione sulle labbra e colla borsa in mano, come affamati in cerca di alimento. Il delitto clamoroso, il re che passa, l’astro che si spegne, la gloria che sorge, la solennità scientifica, il libro nuovo, il nuovo quadro, il nuovo scandalo, le grida di stupore e le alte risate di Parigi, si succedono così rapidamente che non c’è neppur il tempo di voltarsi a dare uno sguardo a ogni cosa; e siamo costretti a difendere faticosamente la nostra libertà di spirito, se vogliamo attendere a un qualsiasi lavoro. Tutto precipita e la menoma sosta produce una piena. Stiamo quarant’otto ore in casa; è come starci un mese in una città italiana. Uscendo, troviamo cento nuove cose nei luoghi soliti dove davamo una capatina, e cento nei discorsi del nostro crocchio d’amici; e torniamo a casa con una retata di notizie e d’idee, ciascuna già bollata d’un giudizio arguto, e come battuta in moneta spicciola, da potersi spendere immediatamente. In capo a pochi giorni ci troviamo nelle condizioni d’ogni buon «borghese» parigino: scambiamo cioè per dottrina e per spirito nostro tutta la dottrina e tutto lo spirito che ci corre intorno, tanto sentiamo nel serra serra di quella moltitudine che si rimescola vertiginosamente, il calore e il palpito della vita di tutti.


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Ricordi di Parigi
di Edmondo De Amicis
Treves Milano
1879 pagine 192

   





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